05 ottobre 2015

Agenda di sviluppo sostenibile post-2015

Approvata all'unanimità dall'Assemblea generale delle Nazione Unite
Dopo un processo durato tre anni (era partito con Rio+20), che ha stravolto la proposta iniziale redatta da alcuni esperti su richiesta del Segretario generale e che ha solo marginalmente accolto le richieste delle organizzazioni della società civile, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, nel corso della 70° sessione che si è conclusa a New York il 27 settembre, la nuova Agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile post-2015.

L'Agenda si compone di 17 obiettivi globali, cioè universali  perchè coinvolgono sia i paesi industralizzati che i paesi in via di sviluppo e si propone di realizzare un nuovo modello globale di sviluppo sostenibile.

Raramente la "montagna più alta del mondo", cioè l'organizzazione che ha il compito di garantire la pacifica convivenza e lo sviluppo dei popoli, ha partorito un "topolino", cioè una Agenda di così basso profilo a livello di impegni, dichiara Rosario Lembo.

Il documento consta di 15.000 parole ed identifica 169 targets.
Ogni obiettivo di sviluppo è stato esaurientemente descritto con parafrasi di parole ed aggettivi che però difficilmente consentiranno di misurare e verificare il livello di effettivo raggiugimento ed impegno da parte degli Stati.
Sono poche le eccezioni per le quali l'Agenda fissa un obiettivo quantificabile nel tempo e queste appaiono difficilmente irrealizzabili. Uno di questi è l'obiettivo di "eliminare la povertà estrema e la fame entro i prossimi 15 anni".

La maggior parte di questi obiettivi di sviluppo, cosi come codificati e descritti, appaiono come un monumento all'ipocrisia e ai desideri. L'esempio più eclatante è l'obiettivo fissato per l' accesso all'acqua.

Nonostante una risoluzione delle NU abbia riconosciuto nel luglio 2015 il diritto umano all'acqua e ai servizi igienici di base, come un diritto autonomo e specifico che deve essere garantito dagli Stati, l'Agenda ignora questa risoluzione e, accogliendo le riserve di alcuni Stati e le pressioni delle multinazionali, ha eliminato ogni riferimento al diritto universale umano all'acqua e previsto che l'accesso avvenga pagando un prezzo (equo). Dunque i diritti umani universali sono garantiti a livello individuale attraverso il pagamento del costo, come consumatore e non garantiti collettivamente come cittadini di una stessa comunità. 

L' obiettivo 6 approvato recita infatti: "assicurare l'accesso, universale all'acqua da bere e ai servizi igienici attraverso un prezzo accessibile  e una gestione efficiente e sostenibile" supportato da due obiettivi specifici 6.1 e 6.2 che precisano i target e le modalità (6.1) "assicurare entro il 2030 l'accesso equo e universale all'acqua ad un prezzo abbordabile"; "garantire l'accesso ai servizi igienici di base ponendo fine alla defecazione all'aperto, con particolare riferimento ai bisogni delle donne e delle ragazze, e dei gruppi più vulnerabili" (6.2)

Di fronte a questo ennesimo trionfo della ipocrisia e della burocrazia, c'è da chiedersi se non è tempo, come ha denunciato Papa Francesco nel suo discorso del 25 settembre alle Nazioni Unite, di mettere mano ad una riforma non solo del Consiglio di Sicurezza ma delle stesse Nazioni Unite, dando vita ad una Nuova Autorità Mondiale che svolga il ruolo di garante e tutore dei diritti umani e dei diritti della natura.
ultima modifica: 27/10/2015 Alma P.

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